DOC.In – Denominazione d’Origine Cooperativa



Dialogo sul piano formativo DOC.In – Denominazione d’Origine Cooperativa, finanziato con l’Avviso 48 Strategico “Innovazione e Sostenibilità”.
Il piano è stato ideato e progettato dall’ente formativo Speha Fresia per tre cooperative sociali della Sicilia, Don Giuseppe Puglisi, Opan, I Locandieri.
I protagonisti del dialogo sono: Valentina Corallo, Daniela Filardo e Vito Accardo della cooperativa I Locandieri e Felice Lombardi, Arcangelo Licalzi e Marcello di Sphea Fresia


  •  È in pieno svolgimento la fase propedeutica di analisi del piano DOC.In, avviato a febbraio scorso. Quali sono le caratteristiche del piano e come ha incontrato le strategie della cooperativa I Locandieri?

Felice Lombardi – Speha Fresia.Dal nostro punto di vista l’Avviso 48 è uno strumento di finanziamento dedicato alle PMI che vogliono investire in ricerca e sviluppo, e non solo in formazione, in continuità con i precedenti Avvisi strategici di Fon.Coop – e con il 51 appena pubblicato.
Noi siamo partiti da questa idea: dare l’opportunità a piccole imprese che lavorano con passione in contesti “di nicchia” di accrescere le loro attività caratteristiche, mettere a sistema e valorizzare le opportunità delle loro reti e territori e riuscire, nel medio periodo, a costruire una filiera orientata a posizionarsi, con adeguata remunerazione, in altri contesti e mercati.
È chiaro che la filiera non si costruisce con le risorse di Fon.Coop, ma il Fondo, attraverso gli Avvisi strategici può diventare una chiave d’ingresso, l’attivatore di un percorso che consente alle imprese “di fare il salto”.
Il piano DOC.In promuove l’innovazione e la sostenibilità orientate al digitale per tre cooperative siciliane che hanno mostrato capacità di rileggere il proprio posizionamento e sono intenzionate a… “fare il salto”.
Per I Locandieri il piano realizzerà un upgrade diffuso delle competenze digitali per accedere in specifici mercati di e-commerce. Mercati che accolgano i loro prodotti agricoli che sono etici, sostenibili e bandiera di legalità – e non solo genericamente di qualità.

  • Chi sono i Locandieri e perché hanno partecipato al piano “DOC.In”?

Vito Accardo – I locandieri. La nostra cooperativa è nata nel 2007 come albergo sociale, per questo ci chiamiamo I Locandieri, ma l’attività turistica non è mai decollata e allora, grazie all’esperienza di altre cooperative con cui collaboriamo, siamo entrati nel circuito dei servizi di accoglienza e abbiamo cominciato ad accogliere gli immigrati.
Nel 2017 ci specializziamo nell’accoglienza con i minori immigrati e oggi ospitiamo circa 90 persone tra minori e le loro famiglie, maturando però anche l’idea di lavorare con e per il territorio autosostentarci economicamente senza dipendere dalle commesse pubbliche. Siamo diventati agricoltori – che è la passione dei colleghi-soci e mia personale, che sono commercialista – per riappropriarci del territorio. Abbiamo organizzato un ufficio di progettazione e abbiamo vinto tutti i bandi per l’assegnazione dei terreni confiscati alla mafia del nostro Comune, Castelvetrano. L’obiettivo principale è sostentare con i prodotti di quelle terre non solo noi lavoratori e soci della cooperativa ma anche gli ospiti delle nostre comunità e dare loro un lavoro.
E così rispondo alla domanda del perché abbiamo accolto la proposta di Speha-Fresia: l’innovazione digitale ci serve per essere più sostenibili, nel senso che ci sosteniamo e abbiamo cura della nostra comunità.

  • Ma siete sostenibili anche dal punto di vista ambientale?

Vito Accardo – I locandieri. Dalle nostre parti la vocazione alla terra è essenziale e in cooperativa abbiamo sentito l’esigenza di riappropriarci di quella ricchezza ma in modo completamente differenze rispetto al recente passato – quello dell’agricoltura “chimica”.

Noi applichiamo i principi di un’agricoltura medioevale francese del 1400 che è stata riscoperta da un agronomo canadese, Jean-Martin Fortier ed i nostri prodotti sono più che bio. Il biologico “semplice” per esempio consente l’utilizzo della chimica per contrastare gli insetti e le piante infestanti come anche l’accelerazione del ciclo naturale di maturazione dei prodotti. Noi abbiamo accettato la sfida molto dura ed ardua – ma bellissima – di seguire la natura.

Contrastiamo gli insetti senza ucciderli, utilizzando acque marce di ortica e di peperoncino ed aglio. È emozionante curare la terra e trovarsi intorno le api, specialmente in questo periodo di frutta, ortaggi e fioriture. Loro vengono attratte dal polline e non ci aggrediscono. E così nelle nostre fragole si scopre il profumo di agrume perché le api, nei loro giri alla ricerca di polline, trasportano quello dei mandarini del campo vicino alla coltivazione di fragole e le essenze contenute nel polline si mescolano trasferendo sapori. E poi i nostri ortaggi crescono secondo il ciclo naturale, le melanzane e i peperoni hanno un sapore autentico e una consistenza compatta – per intendersi, le melanzane fritte non si riempiono d’olio e sono digeribilissime.

Daniela Filardo – I locandieri. Noi non facciamo mono-culture di olivi e vite, ma agrumeti e ortaggi, molta varietà. Dei terreni confiscati che abbiamo in gestione, circa 80 ettari, ora ne coltiviamo una parte e vorremmo estendere le colture scegliendo le più appropriate. I terreni sono in un canyon con un’incredibile varietà climatica, vorremmo impiantare frutteti in base ai microclimi. Per conto del Comune abbiamo presentato un progetto sul PNRR che prevede proprio la realizzazione di queste coltivazioni.

Noi stiamo programmando le nostre attività in un quadro crescente di crescita e il piano di Fon.Coop ne è parte, ma da mesi sono cambiate alcune condizioni di base che ci stanno mettendo in grande difficoltà. I disordini climatici sono sempre più estremi, a novembre scorso con le alluvioni abbiamo perso 6.000 piante e la siccità di queste settimane ci sta imponendo di riaggiornare il nostro modo di mettere a dimora le piante e di irrigare. E poi, già prima dello scoppio della guerra in Ucraina c’è stato l’aumento dell’energia: la lattuga che prima costava al chilo €0,12 ora costa €0,20 per i costi energetici lievitati.

  •  È stato modificato il progetto per venire incontro a queste esigenze?

Arcangelo Licalzi – Speha Fresia. Il percorso del 48, che è legato all’innovazione digitale in senso stretto, nel proseguo del progetto, viene riletto rispetto a questi fenomeni (cambiamenti climatici e aumento costi energetici). Ad esempio, nella fase di analisi delle competenze relative alla capacità d’impatto del sistema digitale stiamo pensando di introdurre un’analisi delle competenze ambientali, a supporto della transizione… ambientale.

Il digitale, anche nel nuovo contesto può essere determinante per ridurre i costi e determinare economie di scala anche in contesti agricoli.

  •  La fase di analisi del piano è incentrata sul partenariato, ce ne volete parlare?

Felice Lombardi – Speha Fresia.Innanzitutto: perché il partenariato? Le imprese coinvolte nel piano sono piccole realtà dove i fattori della produzione dipendono moltissimo dall’esterno: clima, acqua, energia sono fattori che tuttavia, esattamente come fanno le grandi imprese, bisogna imparare a governare con la tecnologia, ed anche modificando organizzazione e comportamenti. Ma sono tecnologie che costano. I soggetti coinvolti in un partenariato aiutano a introdurre ed usare le tecnologie.

Nel nostro caso il partenariato, cui fanno parte il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, il Dipartimento di Economia Industriale di Messina, il Consorzio Med Europe Export, la Fondazione Pico-Legacoop, era già costituito prima dell’emissione del 48: quando abbiamo deciso di partecipare abbiamo dovuto indirizzarlo sulle attività e sugli obiettivi che abbiamo indicato in progettazione, in coerenza con l’impianto dell’Avviso.

In particolare, il Parco Tecnologico della Sicilia ha un’area dedicata all’innovazione digitale dell’agricoltura e agroindustria, promuove sperimentazioni e incuba le imprese che poi erogheranno servizi in spin-off. Il Consorzio MedEurope supporta operativamente le cooperative ad arrivare su mercati esteri.

  •  Come si inserisce il partenariato nella fase di ricerca dell’Avviso?

Marcello Di Vita – Speha Fresia.Per noi la fase di ricerca del piano 48 Fon.Coop è una sperimentazione nella sperimentazione, ed è una scommessa. Significa fertilizzare con la formazione di Fon.Coop – e che progetteremo nella fase realizzativa del piano – le tre cooperative e rafforzarle affinché possano rapportarsi con i partner del progetto, che abitualmente collaborano con imprese medie e grandi.

Adesso stiamo mappando le competenze delle nostre cooperative per creare una matrice dove competenze e fabbisogni creino una domanda di formazione consistente e coerente, ma anche ben ancorata ad obiettivi ben evidenziati. Faccio un esempio. Se la cooperativa non sa gestire la privacy, se non sa fare una ricerca sul web come si deve, difficilmente può rapportarsi con i sistemi da cui ottenere big data, che è un obiettivo dell’innovazione digitale.

Dal canto loro i soggetti del partenariato, che a vario modo hanno nella loro mission la creazione e l’implementazione di soluzioni innovative per il proprio territorio, hanno tutto l’interesse a coinvolgere nelle loro future attività questi soggetti imprenditorialmente interessanti e attivi anche perché i gap di conoscenza saranno colmati e l’innalzamento della consapevolezza consentirà loro di sostenere la partecipazione in progetti di rilevanza nazionale, europea ed internazionale.

Quindi quello che vorremmo sperimentare su un argomento così difficile come l’innovazione digitale è accelerare in modo sistemico il potenziale di crescita di queste imprese. Nel caso specifico dei Locandieri la peculiarità dei loro prodotti consente loro, con i corretti upgrade digitali, di accedere a mercati molto più interessanti e ricchi.
Questo partenariato coinvolge mondi diversi e vuole costruire un modello alternativo di co-progettazione. Qualcosa si è già mosso…

  •  Nel senso che ci sono sviluppi inaspettati?

Arcangelo Licalzi – Speha Fresia. In corso d’opera abbiamo aggiunto altre categorie di partner, e questo è un frutto già verificabile del nostro piano. I Locandieri, con lungimiranza, ha partecipato con un suo progetto ad una misura del programma per lo sviluppo rurale PSR della Regione Sicilia.

Non sappiamo ancora gli esiti ma il progetto, dedicato all’agricoltura rigenerativa, ha ampliato la rete di partenariato e definito i contorni di un gruppo operativo che coinvolge altri soggetti con specificità e con caratterizzazioni che daranno forza alle strategie di crescita della cooperativa nel quadro degli obiettivi del piano Fon.Coop. Nel progetto PSR sono coinvolti, insieme a Sphea Fresia come Innovation broker, Fileni (a proprietà Carnj coop) che ha già progettato su modelli di agricoltura rigenerativa e c’è Iccrea per la parte finanziaria e poi Google.org, che porterà finanziamenti per la transizione digitale.

Bisognerà vedere a che livello, ma stiamo lavorando per realizzare un minimo di infrastruttura tecnologica a supporto dell’organizzazione delle cooperative, dell’e-commerce e gestione dei cicli del prodotto.

  •  Cosa significa upgrade digitali?

Marcello Di Vita – Speha Fresia. I locandieri già vendono on line perché sono inseriti in alcune piattaforme di e-commerce. E già arrivare al cliente finale senza passare da altri intermediari è un bel guadagno in termini di catena del valore, ma aumentando le competenze digitali la cooperativa potrà entrare in altri market-place ed essere in grado di gestire una piattaforma propria, con una logistica intelligente, creando box con più prodotti.

Ma per avviare questa crescita c’è bisogno, oltre che, naturalmente, dell’aumento della produzione che sarà avviata con le risorse del PNRR, come ci hanno detto, di molto altro. Ovvero un’organizzazione aziendale integrata, un database dinamico di clienti, un servizio di rilevazione della soddisfazione delle richieste e dei resi, un CRM.

Insomma, c’è bisogno dell’incrocio di tutta una serie di competenze che stanno tutte dentro la conoscenza digitale. E che se ben utilizzate possono portare il fatturato di questa attività di vendita a livelli di crescita molto sostenuti.

Felice Lombardi – Speha Fresia. Anche perché poi questi sistemi elidono le distanze e costruiti su target di utenza: prodotti nazionali, etici, dei beni confiscati, che valorizzano i prodotti locali, di altissima qualità etc. Sono di proprietà di grandi player mondiali come Microsoft che mettono a disposizione un modello di e-commerce che si può personalizzare. Il problema, una volta dentro, è come ci si sta.

Ci vuole continuità, rendere riconoscibile il marchio e farlo girare, controllare con intelligenza la propria reputazione con i clienti. E queste sono tutte competenze non solo da acquisire singolarmente, ma da condividere e trasferire il più possibile. Per questo parliamo di fertilizzazione.

E non è un controsenso che, rispetto a questi grandi player, noi orientiamo le cooperative sì ad usarle, ma anche a prendere le giuste distanze, insegnando a far uso di applicazioni open source, perché così hanno la proprietà dei loro dati. Queste piattaforme, ancorché economiche, hanno un impianto estrattivo: a fronte di un servizio gli utenti sono profilati, sono censiti gli accessi, etc.

L’open source è applicabile per il CRM, la customer satisfaction e tutta la gestione evoluta del marketing. Se si va su applicazioni di Intelligenza artificiale o Internet of thing, è chiaro che bisogna accedere alle librerie dei grossi provider. E qui il nostro ruolo è quello di insegnare un approccio consapevole, far capire le opportunità ma anche le criticità.

Tutto questo nella logica della sostenibilità economica ed organizzativa.

  •  Ma tutto questo digitale potrebbe coniugarsi con una realtà agricola così bio e non solo nella commercializzazione?

Arcangelo Licalzi – Speha Fresia. I Locandieri sono usciti dal modello industriale di sfruttamento delle risorse agricole e hanno acquisito un’ottica sostenibile dal punto di vista ambientale. E in questo il digitale aiuta molto, soprattutto a mantenere la tradizione. Il modello di irrigazione che utilizza il minimo indispensabile di acqua si fa con il digitale e se vuoi mettere una centralina che monitori a distanza lo stato delle coltivazioni in campi che sono a 7 chilometri dagli uffici, come si farà, tutti i lavoratori devono saper padroneggiare gli strumenti di monitoraggio.

 

Valentina Corallo – I locandieri. Non lo diceva Steve Jobs, di essere affamati di conoscenza – ed essere un po’ folli?

Io ho chiesto a tutti i nostri soci: investiamo in conoscenza, oltre il nostro ruolo, nel lavoro agricolo secondo la nostra passione e aumentare le nostre competenze digitali. Ne sapremo di più sulle coltivazioni, sui prodotti e contribuiamo insieme sul web a farli conoscere nei mercati che sanno cogliere la nostra specificità.

Nel nostro territorio ci sono tante realtà agricole, noi dobbiamo far conoscere la nostra unicità. Come si dice oggi, dobbiamo collettivamente costruire la narrazione del nostro lavoro: produzioni che vengono da terreni strappati alle mafie, coltivati secondo metodologie innovative e biologiche anche da persone migrate dalle realtà più difficili del pianeta – e qui accolte con le loro famiglie.

Dobbiamo fare sempre di più una divulgazione diversa, fare cultura coinvolgendo le persone del territorio, stabilire un dialogo per aprire nuovi servizi – e qui c’è grande necessità. Deve emergere la cultura della bellezza e trovare il modo di trasmetterla ai nostri giovani. Per questo innovazione digitale e conoscenza informatica sono per noi la base.

I Locandieri su Tik tok e Istagram, perché no! Anche noi siamo un po’ folli!

 

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